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Intervista al preparatore dei portieri

7/08/2014 – Le prime parole di Vincenzo Di Santo

Concludiamo il ciclo delle interviste con il preparatore dei portieri Vincenzo Di Santo.

Conosciamo Vincenzo Di Santo. Dati anagrafici, carriera da calciatore prima e preparatore poi

Sono nato a Roma nel 1968. Sono arrivato in Valdarno nel 1997 e da allora abito qua.
Ho giocato in diverse squadre qui in Valdarno: Piandiscò, Bucine, poi anche a Soci. Sono 7 anni che faccio il preparatore dei portieri, ho preso il patentino perché questa passione ce l’ho dentro e spero di far bene anche quest’anno alla Castelnuovese.

Quello del portiere è un ruolo molto particolare e difficile. Da qui nasce l’esigenza di un preparatore specifico. Parlaci delle difficoltà del tuo ruolo. E’ più difficile la preparazione fisica o quella mentale?

Il ruolo del preparatore dei portieri è importante perché lavora esclusivamente sullo specifico del ruolo. E’ importante instaurare un rapporto quasi fraterno con il proprio portiere, essergli vicino in tutte le situazioni e portarlo ad una crescita costante; questo è fondamentale soprattutto per i ragazzi giovani. Bisogna metterci tutta la nostra esperienza.
La preparazione fisica è fondamentale ma quella mentale lo è ancora di più. Ci sono portieri che riescono a sopperire alle carenze atletiche e tecniche proprio perchè hanno una grande forza mentale. Avere la fortuna di avere un portiere che ha tutte e due le capacità è il sogno di ogni preparatore dei portieri.

Come è cambiato il ruolo del portiere negli ultimi dieci anni?

Il ruolo del portiere, purtroppo, è cambiato tantissimo. Ogni anno si cerca di metterlo in difficoltà con qualche regola, con qualche atteggiamento calcistico nuovo a partire dalla regola che non si può prendere la palla con le mani (anche se questa è ormai roba parecchio vecchia). Il portiere oggi è molto più attivo con la squadra ed è “costretto” a partecipare al gioco della squadra stessa.
Per quanto mi riguarda rimango dell’idea che il portiere fa parte sì di un undici, anzi di una rosa di 22, però è l’ultima persona, per cui il portiere sta sempre solo.

Una volta il portiere doveva essere “anziano” ed esperto. Oggi sono molte le squadre che scelgono di giocare con un giovane in quota tra i pali. Come giudichi questa scelta?

Io sono stato fortunato perché questa regola non mi ha mai toccato finché ho giocato, a parte qualche partita.
E’ importante dare una opportunità ai portieri giovani di potersi mettersi in luce, però ci sono molte problematiche. Un ragazzo del 95 o del 96, come quest’anno in Eccellenza, non ha la forza mentale di un giocatore di 30 anni.
Quasi tutte le società hanno preso questa decisione, però vanno incontro anche a dei rischi che sono esclusivamente mentali.
Un problema in più per il preparatore dei portieri perché bisogna lavorare tantissimo sotto l’aspetto mentale e impegnarsi per far sì che anche i giocatori esperti della squadra diano una mano al portiere giovane.

Lo scorso anno sei stato a Figline dove hai trovato alcuni ex amaranto come Bernini, Silei, Casini, Vannini e Bianchi. Vuoi mandare loro un saluto?

A Figline sono stato molto bene. Un gran gruppo, una grande società, mi sono trovato veramente molto bene. Mi hanno permesso di lavorare in modo egregio, con un impianto di altra categoria.
Ai ragazzi che sono rimasti e soprattutto a mister Bernini auguro un grosso in bocca al lupo. Per lui è il secondo anno da allenatore e spero che riesca a fare ancora meglio di quello che è riuscito a fare molto bene l’anno scorso.

Alcune immagini della preparazione

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